La mia prima volta

by Claudia Fulvi

Oggi voglio raccontarti della prima volta in cui ho chiesto ad un libro di salvarmi.

Non la prima volta in cui sono stata tratta in salvo dalla parola scritta, perché viaggiando indietro nella memoria sono pronta a pensare che sia stato sempre così, ma fino ad un certo punto è stato un processo inconsapevole, un po’ magico e senza troppe riflessioni post lettura.

Poi c’è stato un giorno nero, di un periodo di tempesta, in cui tornando a casa mi sono detta “questa sera non posso stare da sola, ho bisogno di un amico, un rifugio, un cuscino morbido” e sono andata in libreria.

Lì, davanti agli scaffali, ho giocato al gioco che più amo e mi sono lasciata chiamare dal mio libro.

In basso, dietro ad altri romanzi, intravedo una copertina pulita, un titolo di speranza e un’autrice che ancora non conoscevo.

La quarta di copertina parlava di ferite d’oro, le prime pagine di un elefante rosa intoccabile.

“E quell’elefante rosa, enorme, in mezzo. Che tutti fanno finta di non vedere, ci girano intorno come in un ballo triste, danzano da una poltrona all’altra senza urtarlo mai, non lo toccano, non lo nominano, non sollevano lo sguardo. Neppure noi attorno all’elefante riusciamo a guardarci, perché gli occhi di ciascuno sono uno specchio che riflette il dolore dell’altro e si amplifica, il dolore, cresce, alla fine resta solo lui.” Concita De Gregorio – Mi sa che fuori è primavera

Una volta a casa: divano, copertina è iniziata la lettura.

Ho incontrato, in un sol colpo, una delle autrici che più sanno parlare al mio mondo interno e la protagonista preziosa delle storie di resistenza e coraggio che popolano la mia fantasia.

Il sentirmi dentro un dolore così grande è stato, allo stesso tempo, un alleggerirmi del mio e il mettere alla prova resistenze minerali interne; e forse la scintilla determinante del mio futuro essere libroterapeuta.

Mentre mi lasciavo rapire dalle pagine, ho fatto un pensiero semplice, ho sentito che se ce l’aveva fatta Irina ce l’avrei fatta anch’io. Qualcuno a cui ho confidato questa sensazione mi ha detto che mi ero lasciata contagiare dalla forza di questa storia di vita vera, ma in realtà io non sapevo nulla della storia di Irina, anche se anni prima era stata fissata in tutti i quotidiani.

Quello che avevo sentito era il sentirmi parte e testimone di una donna forte, che ha concesso ad una parte bisognosa di me di specchiarsi in un buco nero si, ma soprattutto nei semini luminosi che si portava appresso. Ho sentito che ce l’avrebbe fatta prima di saperlo, e forse è di quel sentire che avevo bisogno anche per me.

Sentire che ce l’avrei fatta, anche se non avevo ancora idea del come e del chissà.

Da quel libro e quel sentire prezioso sono passati diversi anni in cui ho rimaneggiato emozioni, ritoccato ricordi, spolverato vissuti già incontrati tra le pagine.

Ho ripreso in mano i libri a cui ero affezionata per trovarvi una mappa dell’essere me e stupirmi di assonanze e sposalizi; ho perlustrato nelle pagine chiuse per noia o per stizza, recuperando ombre e spigoli, che ora so… sono quasi più preziose delle parti in luce.

Mi emoziona sempre quando ancora succede di aprire un libro a caso e ci trovo parole per me, le guardo che prendono anima dalla pagina e mi guidano verso un qui e ora più consapevole, ma anche più poetico.

La libroterapia, per me, nasce da lì e dalla consapevolezza che la cura di sé più ardita parte dalle passioni che ci portiamo dentro.

Ed è quella passione che mi anima quando con il naso tra i libri cerco le pagine di cui i miei lettori potrebbero aver bisogno, adoro sottolineare una frase e trovarci una delle lettrici “meraviglia” che afferra al volo un’occasione di esplorazione coraggiosa, mi spunta il sorriso quando scelgo un romanzo pensando ai lettori “controcorrente” e so già che ribalteranno con grazia e tenacia le mie aspettative ancora una volta… e poi c’è il gruppo dei lettori impadivi, i primi a dare fiducia a questa libroterapeuta appassionata, con loro in questo ultimo periodo, ci siamo coccolati con storie al sapore di fiaba e colorate; forse è il mio modo di lasciarli andare dopo tre anni di viaggi tra le pagine, o forse è il loro modo di salutare me.

Intanto ringrazio te, lettore lontano, che sei arrivato in fondo a queste mie parole stavolta molto personali, avevo desiderio di svelarti le emozioni che abitano la mia libroterapia e ne colorano gli intenti ariosi.

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