by Claudia Fulvi

Maestoso è l’abbandono

(…di parole, boschi e luci azzurrine)

Da piccola con la bella stagione iniziavano le passeggiate pomeridiane al Castellano.
Più della meta il cammino era l’avventura: si raccoglievano piccoli fiorellini ai margini della strada, tra una capriola (a dire il vero Emanuela faceva pure la ruota con una mano sola) e un “ma perché” (domanda sempre vispa nella mente dei bambini).
Quando tornavi a casa, in una nuvola di polvere e risate, avevi tra le mani un bottino colorato fatto di viole, primule e rametti così piccolo da entrare in un bicchiere, così prezioso che lo mostravi a tutto il parentado.

Quando ho scoperto il libro di Sara Gamberini è stato come riavere quel mazzetto tra le mani.

Il piccolo Maestoso ci accompagna in un bosco dove non tutto è luce, dove il filo della poesia lega il lettore in una dimensione di pacatezza, ma selvaticità, dove le proprie parti bambine si fanno tesoro per i passi dei grandi e viceversa, dove il necessario si sposa con i desideri altissimi e le paure di sempre scoprono nascondimenti nuovi ma la possibilità di essere svelati e rispecchiati in tutto il loro splendore.

A me piace dubitare a bassa voce, 

nello stupore,

chiudendo tra le mani una piccola cosa,

il respiro lento,

nulla davanti,

nulla dietro,

tutto è semplice o non c’è.

Felice di incontrare l’opera prima di questa scrittrice delicata che ci regala un Re, l’abbandono, di un’imponenza affabile che ci prende per mano e del suo essere “maestoso” ci mostra i fraintendimenti e le rese, a dimostrare che il fragile e l’assenza non sempre sono sudditi da lasciare indietro.

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