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Maestoso è l’abbandono
(…di parole, boschi e luci azzurrine)
Da piccola con la bella stagione iniziavano le passeggiate pomeridiane al Castellano.
Più della meta il cammino era l’avventura: si raccoglievano piccoli fiorellini ai margini della strada, tra una capriola (a dire il vero Emanuela faceva pure la ruota con una mano sola) e un “ma perché” (domanda sempre vispa nella mente dei bambini).
Quando tornavi a casa, in una nuvola di polvere e risate, avevi tra le mani un bottino colorato fatto di viole, primule e rametti così piccolo da entrare in un bicchiere, così prezioso che lo mostravi a tutto il parentado.
Quando ho scoperto il libro di Sara Gamberini è stato come riavere quel mazzetto tra le mani.
Il piccolo Maestoso ci accompagna in un bosco dove non tutto è luce, dove il filo della poesia lega il lettore in una dimensione di pacatezza, ma selvaticità, dove le proprie parti bambine si fanno tesoro per i passi dei grandi e viceversa, dove il necessario si sposa con i desideri altissimi e le paure di sempre scoprono nascondimenti nuovi ma la possibilità di essere svelati e rispecchiati in tutto il loro splendore.
A me piace dubitare a bassa voce,
nello stupore,
chiudendo tra le mani una piccola cosa,
il respiro lento,
nulla davanti,
nulla dietro,
tutto è semplice o non c’è.